Caritas

In questi anni, la Caritas ha fortemente sollecitato la parrocchia a porre attenzione in modo unitario alla dimensione dell’osservazione, dell’ascolto e del discernimento, elementi costitutivi del metodo assunto. Metodo che trova concretizzazione in tre luoghi/strumenti propri, che hanno il compito di educare le comunità cristiane e il territorio alla testimonianza comunitaria della carità: Centri di Ascolto, Osservatori delle povertà e delle risorse, Laboratori per la promozione delle Caritas parrocchiali.

Naturalmente il metodo assunto potrà essere di particolare utilità se la parrocchia riterrà necessario dotarsi di un Osservatorio delle povertà e delle risorse, al fine di elaborare linee pastorali attente alle dinamiche della povertà, del disagio, dell’emarginazione, dell’esclusione sociale. Diversamente, l’Osservatorio rischia di rimanere uno strumento “solo” della Caritas, magari utile ad acquisire elementi informativi in vista dell’allestimento di servizi sempre più rispondenti alle necessità più urgenti, senza però di fatto realizzare lo scopo per cui era stato proposto, cioè influire sulla progettazione pastorale nel suo complesso.

Il Metodo Ascoltare, Osservare, Discernere per animare

La Caritas, organismo pastorale deputato a promuovere la testimonianza della carità della comunità cristiana, fin dall’inizio si è impegnata, oltre che sul versante operativo in risposta ai bisogni, anche e soprattutto su quello pedagogico e di sensibilizzazione. In questo suo essere coscienza educativa di una carità collegata alla giustizia e alla pace, ha avvertito la necessità di assumere il metodo dell’ascolto, dell’osservazione e del discernimento, finalizzato ad animare la comunità cristiana ed il territorio alla solidarietà, alla condivisione ed alla prossimità.

Il dato evidente che sempre più si impone, nel cammino di rinnovamento della pastorale, è il passaggio dall’erogazione di servizi e di pratiche religiose, alla tensione missionaria, intesa come coinvolgimento di tutta la comunità credente ad una testimonianza di fede e di carità.

Ascoltare

Ascoltare è il primo passo per entrare in relazione, per fare spazio non solo all’altro che incontro, ma anche alla realtà che ho intorno. Ascoltare non è quindi una modalità tecnica da “operatore Caritas”, ma uno stile che dovrebbe contraddistinguere la comunità cristiana e i suoi componenti, cioè un tratto profondo della sua spiritualità. La persona si costruisce progressivamente attraverso l’ascolto.

Ascoltare è simpatizzare, è stare in sintonia con l’altra persona. È condivisione, è partecipazione, è prendere parte, è lasciarsi ferire: ferire dalla parola, dalla vita che ci viene raccontata. Non si può uscire dalla liturgia domenicale o dai luoghi di ascolto dei poveri, senza che almeno una traccia, una provocazione, un invito al nostro cambiamento, siano rimasti nella nostra vita.

Ascoltare è cogliere la sostanza di tanti segnali, e presuppone avere l’orecchio e l’occhio liberi da superficialità, disinteresse, pregiudizi, disimpegno, egoismi, chiusure…

L’ascolto è un atteggiamento fondamentale nella vita di una comunità cristiana, per favorire cammini di cambiamento e di conversione, la costruzione di relazioni ricche di attenzione, di fraternità, di comunione. Per rendere la comunità capace di essere costantemente attenta e accogliente nei confronti dei tanti poveri che la interpellano all’interno del territorio e altrove.

Un cristiano che non sa ascoltare la Parola e le parole degli uomini non matura nella fede, non cammina sulle strade della carità, non vive di speranza perché scade nell’abitudinarietà.

L’ascolto in Caritas ha un “luogo privilegiato” per esprimersi: il Centro d’ascolto; ma ha anche dei “soggetti preferenziali”: i poveri. La sfida del nostro ascoltare i poveri viene dal rilevare, segnalare, dentro il quotidiano del nostro servire, il valore evangelico della povertà, rimasto in ombra. Indicare cioè con i fatti la povertà come “disponibilità ad amare, nonostante tutto” (nonostante la diversità, l’illegalità, l’insicurezza…). La disponibilità ad andare oltre se stessi, i pregiudizi, le cose, il mondo, riscoprendo il valore della relazione, della comunione, dell’essere Chiesa.

Osservare

Nel contesto attuale, la capacità di osservare sistematicamente le caratteristiche e l’evoluzione delle situazioni di povertà, di disagio, di emarginazione e di esclusione sociale assume particolare rilievo. Tale atteggiamento contribuisce in modo determinante a fare sì che l’amore preferenziale per i poveri costituisca effettivamente “un criterio di discernimento pastorale nella prassi della chiesa” e che sia sentito come “compito di tutta la comunità cristiana, in ogni sua componente ed espressione” (ETC n. 47-48).

È dal diverso modo di osservare, più o meno attento e “solidale”, che possono derivare scelte anche molto diverse. Si può programmare la pastorale della carità e non solo, se si scelgono priorità e obiettivi, evitando i rischi delle impressioni soggettive, della rincorsa alle emergenze, del non andare mai alle radici dei problemi.

Nella nostra società si stanno manifestando fenomeni di povertà nuovi rispetto anche al recente passato (es. fenomeni connessi ai flussi migratori, alcuni aspetti del disagio giovanile…), che spesso le comunità cristiane non sanno come affrontare (con la conseguenza che magari si reagisce con paura, con diffidenza…). Inoltre, sono ancora presenti fenomeni di povertà “tradizionale”, resi ormai strutturali dalla cosiddetta crisi economica.

È anche in atto un profondo processo di riforma dello Stato sociale e delle reti di protezione per le fasce più deboli della popolazione, con un impatto sempre più pesante sulle loro condizioni di vita. Si tratta di una situazione che va seguita con molta attenzione.

Tutto questo s’inserisce in un contesto sociale sempre più caratterizzato dalla globalizzazione dei fenomeni, che richiede capacità di lettura e di analisi sempre più qualificate.

L’osservazione delle povertà è espressione di una Chiesa locale che pone l’attenzione agli “ultimi” come criterio di discernimento pastorale nella vita della Chiesa. In questo senso le attività di osservazione possono aiutare la Chiesa locale a rafforzare la propria capacità profetica e indicare come la comunità ecclesiale vive l’attenzione a tutte le forme di povertà e di emarginazione.

Discernere

Discernere è leggere e comprendere con competenza umana e con criteri di fede le situazioni di povertà; è individuare ed analizzare i meccanismi, le cause, le “strutture di peccato”, che generano povertà; è anche promuovere modi e forme specifiche per sensibilizzare, responsabilizzare e coinvolgere la comunità.

Discernere è valutare, attraverso un processo, i bisogni esistenti e la concretezza delle risposte di liberazione a livello territoriale; studiare, stimolare, accogliere, coordinare i modi con cui la comunità cristiana si rapporta con i problemi e le tematiche relative allo stato sociale. Discernere è distinguere, decidere, accogliere responsabilità, competenze, coinvolgimenti, riguardo alle problematiche presenti sul territorio.

In ambito pastorale, discernimento è capacità di riconoscere il volto di Dio nella storia di ogni giorno e di ogni uomo. Va oltre l’ascoltare e l’osservare perché è una caratteristica dello Spirito, un’azione profetica, che svela il volto di Dio nella storia.

Comporta partire dalla consapevolezza del proprio limite e saper cogliere nella storia il silenzio di Dio rivelativo del suo volto; percepire di essere chiamati in causa, sapendo assumere precise responsabilità. È saper alimentare l’attesa, il desiderio di un compimento, accettando di USCIRE dalla nostra autosufficienza.

Comporta anche superare situazioni scontate ed essere aperti alle novità sorprendenti di Dio. Saper superare la tentazione della fuga dentro i luoghi ambigui della storia e di fronte alle proprie paure o ribellioni. È rendersi conto che l’amore preferenziale per i poveri è un criterio di discernimento pastorale ineludibile per la comunità cristiana e favorisce lo scambio di informazioni su quello che viene rilevato e messo in atto a livello territoriale. Il discernimento permette anche di offrire agli Uffici pastorali diocesani, e ad altri organismi, supporto e indirizzo su tematiche di comune interesse.

In sostanza, il discernimento favorisce la progettazione ed il lavoro in rete con i vari soggetti pastorali e la comunità civile. Da ultimo, discernere per animare e coinvolgere la comunità cristiana; valutare la consistenza delle politiche sociali in rapporto ai bisogni; curare in modo specifico la formazione degli operatori sul tema della pastorale della carità e delle politiche sociali; acquisire uno stile progettuale che esca dalla logica dell’emergenza e si basi invece sull’analisi attenta della realtà; costruire reti di solidarietà all’interno di un orizzonte partecipativo e di valorizzazione dell’esistente; individuare scelte significative e concrete che portino alla costruzione di una società più solidale, attenta alla tutela dei soggetti deboli.

Inoltre, discernere permette di individuare risorse, competenze, coinvolgimenti, riguardo alle problematiche presenti sul territorio, in modo che ci sia il confronto e lo scambio di informazioni su quello che viene realizzato e messo in atto a livello territoriale.

Ogni battezzato è chiamato a realizzare questo discernimento, che richiede anche scelta di atteggiamenti e di posizioni non sempre in sintonia con l’opinione pubblica, capacità di dissociarsi da alcune politiche strumentali o di parte, di denunciare ciò che offende la dignità della persona o tradisce la giustizia.

Particolarmente oggi, il discernimento chiede al cristiano non solo di ascoltare e osservare, ma anche di “scegliere” di lavorare con chi ama la città e nella città si pone a servizio dei più deboli; con chi non si chiude ai poveri, ma li accoglie riconoscendone la piena dignità.

Inoltre, non va dimenticato che le scelte del cristiano di oggi richiedono un’attenzione ai nuovi scenari europei e internazionali, a cui guardare non solamente per interessi economici, ma soprattutto per condividere una nuova politica internazionale in grado di trasformare i meccanismi perversi di sfruttamento in scelte all’insegna della solidarietà e della condivisione.

In sostanza, il discernimento poggia su una nuova “responsabilità sociale”, che il cristiano non può delegare a nessuno.

Autore:
Elias